Certe volte le parole nascondono un destino e tra la res e il nomen, come dicevano gli antichi linguisti e gli antichi semiologi, c’è un rapporto dialettico.
Diciamo che il campo semantico questa volta è la dignità, in una declinazione ancora più semplice: l’essere degni.
Chi è degno di che cosa? E Degni è anche il cognome del magistrato della Corte dei Conti che non ha esitato a esprimere il suo rammarico su internet per il fatto che questo Governo ha votato la legge di bilancio nei termini previsti, cioè il 31 dicembre 2023.
Peccato perché con un po’ più, diciamo, di opposizione, si poteva trasgredire questa data e mandare il Paese in esercizio provvisorio.
Nella conferenza stampa di fine anno, che in realtà è stata di inizio anno, Giorgia Meloni ha contestato questo atteggiamento perché l’esercizio provvisorio sarebbe stato un danno per il Paese.
Un magistrato che per sua funzione deontologica bada alla salute, alla credibilità e alla stabilità dei conti della Repubblica si auguri invece che lo Stato abbia un danno è indubbiamente un controsenso.
Il punto deontologico è questo, e non che non si possano avere in democrazia le proprie idee politiche, tanto è vero che anche alcuni magistrati vengono indicati in certe istituzioni dal mondo politico per procedure addirittura formali.
Questo non vuol dire che poi nell’esercizio della propria professione uno non debba invece essere pragmatico e sopra le parti, badando solo all’interesse pubblico che rappresenta.
A proposito dell’essere degni c’è un altro tema: quello di un parlamentare, in questo caso di FdI, che proprio perché rappresenta una delle più alte istituzioni del nostro Stato, in questo caso il Parlamento, non deve andare in giro con una pistola detenuta legittimamente ma gestita irresponsabilmente se produce danni a qualcun’altro… Grande discussione, richiesta di dimissioni (ma in Italia la sinistra ormai ha chiesto le dimissioni di chiunque non sia d’accordo col suo modo di pensare) ma anche qui attenzione, l’importante, come si dice nel ragionamento semantico con cui abbiamo iniziato la nostra riflessione, è mantenere il punto.
Non bisogna allargare. Io sono dell’idea che in un grande partito se qualcuno sbaglia si devono prendere delle decisioni per punire chi sbaglia senza simbolicamente punire tutto il partito, facendone un partito di appassionati e smodati sostenitori delle armi.
Ha sbagliato il singolo parlamentare, Pozzolo, che sarà sottoposto alle misure disciplinari di FdI anticipate dalla Meloni nella conferenza stampa di inizio anno, ovvero la sospensione in attesa che le autorità competenti ricostruiscano in maniera più precisa quello che è successo. Nel segno dell’arte dell’essere degni.